Continua il processo per i morti per amianto al Teatro alla Scala

Il 20 novembre ci sarà una nuova udienza del processo per i morti d’amianto alla Scala. Il giudice nell’udienza del 16 ottobre ha cancellato tutte le udienze previste per dicembre per la mancanza di aule giudiziarie e per il sovraccarico dei giudici sotto organico. Il ritardo come sempre avvantaggia solo i dirigenti del Teatro imputati e accusati di omicidio colposo per la morte di 10 lavoratori che avrebbero respirato le fibre killer al Piermarini, prima delle bonifiche dei locali, ma non ferma la prescrizione che corre con il rischio di lasciare impuniti gli assassini. Nelle ultime udienze sono stati ascoltati come testimoni i lavoratori del teatro. I loro racconti sono stati concordi nel riferire le condizioni concrete del lavoro, che prevedevano l’uso di attrezzature costituite da amianto (in particolare il sipario e le coperte antincendio) o che ne contenevano in modo significativo. L’amianto era diffuso anche nella struttura del teatro, e le bonifiche sono avvenute in fasi successive all’entrata in vigore della legge che proibiva l’uso dell’amianto, come la volta della platea avvenuta nel 2010. Dalle testimonianze è emerso un dato sconcertante: per anni i lavoratori sono stati esposti all’amianto, senza avere le dovute informazioni sui rischi e senza i dovuti dispositivi di protezione, sia personali che ambientali. Quando nel 1991 il grande sipario ignifugo (detto “pattona”) si ruppe precipitando rovinosamente, i lavoratori furono costretti a un intervento di emergenza a mani nude. Le testimonianze dei lavoratori e familiari delle vittime stanno facendo emergere gravi responsabilità penali a carico della Direzione del Teatro. Il 16 ottobre hanno testimoniato Debora Caterina e Alessandro Asta, figli di Demetrio Asta, attrezzista, macchinista e siparista del Teatro alla Scala, morto nel 2015 di asbestosi, malattia polmonare tipica dell’esposizione all’amianto. Hanno raccontato del padre che era “addetto all’apertura del sipario in velluto sempre impregnato di polvere”. E ancora: “Da quando è stata diagnosticata la malattia a papà, che all’epoca aveva 63 anni, la sua qualità della vita è peggiorata notevolmente, con continui ricoveri in ospedale”. Rilevante anche la testimonianza in aula di Marcello Menegatti, figlio della corista lirica Luciana Patelli, morta nel 2013 di mesotelioma pleurico. “Quando tornava a casa, si lamentava del fatto che sul palco, soprattutto nei pressi della cosiddetta pattona (una parte del sipario) c’era moltissima polvere”. Dal processo sta emergendo un quadro preoccupante: per anni i lavoratori sono stati esposti all’amianto senza avere le dovute informazioni sui rischi e senza dispositivi di protezione, sia personali sia ambientali. Secondo le testimonianze l’amianto era diffuso anche nella struttura del teatro e le bonifiche sono avvenute in fasi successive all’entrata in vigore della legge che proibiva l’uso dell’amianto”.