Care lettrici, cari lettori, è sempre motivo di gioia parlare di arte. Da anni Zona Franca vi presenta pittori, scultori, poeti, scrittori, musicisti. Conosco da anni Santina Portelli che con Marina, amica-sorella, condivide tutti i momenti della vita. Amo la sua solarità, quando visito le sue mostre mi perdo nella bellezza che esprime ogni volta nei suoi dipinti. Donna di grande sensibilità, artista che dipinge con la bocca. Santina ogni volta ci offre la massima espressione dove il cuore parla con i colori. Chi è Santina Portelli? Racconta con la sua dolcezza: “Dipingo con la bocca fin da bambina, giocavo con i colori, mi sporcavo, li mangiavo come se fossero pane, i colori mi hanno sempre affascinato, e imbrattarmi mi è sempre piaciuto,… se avessi potuto usare le mani avrei spremuto tubetti come se fossero limoni…”. Così Santina Portelli, nata nel ‘48, siciliana di nascita e milanese d’adozione, pittrice e psicologa, parla del suo primo contatto con la pittura. Dipinge fin da bambina e si forma come “ragazza di bottega” in vari laboratori, studiando storia dell’arte e sperimentando varie tecniche e stili, in un percorso artistico, spinta dal desiderio di provocare, stimolare, comunicare, “esserci”. “Negli anni 70 la mia pittura era una pittura di scontro, uno strumento per comunicare tutti gli stati d’animo che non riuscivo ad esprimere in altro modo, tutta quella parte nascosta, che mi apparteneva e che nessuno riusciva a capire: l’urgenza di fare domande e avere risposte attraverso quadri simbolici, con colori scuri e stridenti e tele fatte di getto. La chiamavo la pittura “di stomaco”. Nel 1966 divenni borsista della V.D.M.F.K., associazione mondiale che promuove il lavoro dei pittori che dipingono con la bocca e/o con il piede, di cui attualmente sono socia (Www.vdmfk.com). La pittura diventa per me lavoro e possibilità d’emancipazione. Nel 1985 mi sono laureata in psicologia clinica e ho iniziato a collaborare con l’Università La Sapienza di Roma e l’Università Bicocca di Milano per la formazione d’insegnanti e psicologi. Dopo la laurea la pittura torna ad essere una scelta, diventa una pittura d’incontro, più ricerca, meno simbolismo, molta più atmosfera, tele curate, “scoperta” dei colori chiari. Tempo fa un amico mi ha chiesto come io vivo l’arte, dove la trovo e in che cosa. Negli anni ho osservato che alcune persone ‘sentono’ prima di altre ‘cosa c’è nell’aria”. Intendo dire l’esigenza dello spirito, individuale e collettivo, l’origine propulsiva di un cambiamento, la “nascita di un futuro” che è già presente, ma che purtroppo la maggior parte non avverte. Queste persone penso che siano principalmente: i bambini, i vecchi, i matti e gli artisti. L’artista credo che dovrebbe essere sempre in questa ricerca. Personalmente io credo che… l’arte è sporcare, sporcarsi, imbrattare, lasciarsi andare per poi dare la vita, ma io non penso alla vita, l’amo, la vivo, le vado incontro e mi lascio prendere”.

 

Una poesia di Santina la disabile
“Sento parlare di disabilità da quando ero piccola, ricordo che allora mi sembrava “normale” sentire parlare di bambini come me”

Per la madre sei un senso di colpa
Per il padre sei un figlio che deve sempre ri-nascere
Per la società sei un peso economico
Per un medico sei un corpo da curare
Per la scuola sei “un caso”
Per la badante sei un lavoro
Per l’altro non ci sei
Per te stesso sei un limite ovvero… un problema
Quindi… la barriera esiste in ognuno di noi.

La soluzione del cosiddetto problema pare una sola: guarire. E se guarire non fosse possibile, come affrontarlo? Eravamo vissuti non come bambini che avevano un problema, ma come
bambini che erano un problema. La parola “problema” sovrastava la parola “bambina”, bambina era un aggettivo e “problema” o i suoi sinonimi erano un sostantivo. La maggior parte dei disabili durante il proprio percorso esistenziale tende a sovvertire questa barriera, ovvero il concetto che non si è il problema ma si ha un problema.