Campionato 1976-77: Juventus -Torino 51 a 50

Lo scudetto, quest’anno, sarà un lotta a due e probabilmente si deciderà punto a punto come un’appassionante partita di basket. Nel primo terzo di torneo la superiorità di Juventus e Inter su tutte le altre squadre è stata impressionante: nelle prime tredici giornate entrambe sono uscite vincitrici per undici volte, creando il vuoto dietro di loro. Una situazione che si può paragonare a quello che è accaduto nella stagione 1976-77, quando il Torino e la Juve si sfidarono in un’emozionante testa a testa fino all’ultimo turno. Quello, era il Toro dei “gemelli del gol” Graziani e Pulici, di Pecci e Zaccarelli, di Claudio e Patrizio Sala, guidato in panchina da Luigi Radice, che l’anno prima aveva portato i granata a conquistare un storico tricolore, il primo dopo la tragedia di Superga. Di fronte, la padrona del calcio italiano, con una formazione titolare composta da: Zoff, Cuccureddu, Gentile, Furino, Morini, Scirea, Causio, Tardelli, Boninsegna, Benetti, Bettega. Vinte le prime cinque partite di fila, le due torinesi iniziarono il loro lunghissimo sprint che, alla 10° giornata (su trenta), vedeva il Torino in vantaggio di due punti grazie alla vittoria in un derby che allora si tingeva spesso di granata. La Juve di Trapattoni, però, tenne duro e sorpassò i “cugini”, che la ripresero proprio alla fine del girone di andata, concluso con le due squadre a 25 punti (su 30 a disposizione). Alla 17esima il Genoa fermava la Juventus sul 2-2 mentre il Toro batteva il Bologna. La “singolar tenzone” si portava quindi sul 29-28 per i granata, ma già la settimana dopo la classifica veniva ribaltata dalla sconfitta del Torino contro la Roma e dalla vittoria bianconera sul Foggia: 30-29 per la Juve. Il derby di primavera finì 1-1 con reti di Causio e Pulici, e le due torinesi continuarono imperterrite ad asfaltare le altre squadre fino alla 26esima, quando la Juventus fu bloccata dal Perugia sull’1-1 e il Toro sconfisse il Verona per 1-0. Incredibile, a quattro partite dalla fine Juve e Torino avevano collezionato 43 punti a testa. Adesso, chi sbagliava era veramente perduto. E a sbagliare furono i granata, che la settimana dopo non riuscirono a battere la Lazio a Roma, mentre un gol del mediano Furino (che in 361 gare in bianconero avrebbe segnato solo 8 reti!), a soli quattro minuti dal 90’, permetteva alla Juventus di superare il Napoli e riprendersi il vantaggio: Juve 45-Torino 44. Alla 28esima andò in scena Milano contro Torino, e la speranza di molti era che l’Inter, a San Siro, potesse arrestare la marcia dei bianconeri. Invece, entrambe le partite finirono 2-0 per le torinesi e tutto restò invariato. A quel punto mancavano solo due turni, e la Juventus non si fermò neppure contro la Roma, l’unica squadra che era riuscita a sconfiggere il Toro. Fu l’ennesimo 1-0 (il settimo della stagione!), che consentì a Trapattoni, al primo anno sulla panchina della Juve, di giocarsi l’ultima partita con un misero ma fondamentale punto di vantaggio. Il giorno del giudizio fu il 22 maggio, e il mercoledì precedente i bianconeri si sfiancarono nella finale della Coppa Uefa conquistata contro l’Atletico Bilbao. Ce l’avrebbero fatta, nonostante la stanchezza, a superare la Sampdoria che lottava per non retrocedere? L’Italia del calcio era col fiato sospeso quando “Tutto il calcio minuto per minuto” annunciò i primi tempi: a Genova, Sampdoria 0 Juventus 0; al Comunale, Torino 3 Genoa 1. Roba da pazzi: a 45’ dalla fine del torneo le due torinesi erano di nuovo in parità, e tutti i calciofili neutrali si auguravano il secondo spareggio della storia del campionato a girone unico. Sì, che le due squadre “monstre” se la vedessero tra di loro, in uno scontro diretto. Sarebbe stata la soluzione più opportuna, più giusta, dopo una simile cavalcata. Ma la giustizia, si sa, non è di questo mondo. E allo scoccare dell’ora di gioco, Bettega segnò l’1-0 per la Juventus. I minuti che seguirono, a Marassi, furono una vera battaglia, tanto che il migliore in campo, per La Gazzetta dello Sport, fu Furino, uno che lottava su ogni pallone prendendo spesso anche gambe e caviglie degli avversari… La Samp ci mise il cuore, la Juve l’esperienza, e quasi allo scadere Boninsegna raddoppiò in sospetto fuorigioco, tanto che i giocatori Valente e Bresciani, oltre all’allenatore Onesti (che sostituiva lo squalificato Bersellini), vennero espulsi per proteste. Le solite polemiche che seguono da sempre la Juventus, insomma. La quale, con i suoi 51 punti, si aggiudicava un tricolore che mai come in questo caso sarebbe stato più giusto assegnare a due squadre, tanto più che i granata avevano segnato il maggior numero di gol (51) subendone meno di tutti (14). Ma non era possibile. Del resto, chi ama lo sport conosce anche la sua crudeltà: a trionfare è solo il primo, il secondo è comunque un perdente. Almeno nella fredda legge dei numeri.