Breda Termomeccanica/Ansaldo Sarca Altri due lavoratori uccisi dall’amianto

Nel mese di febbraio continuano le udienze del processo contro 8 dirigenti Breda Termomeccanica/Ansaldo di Milano, imputati di omicidio colposo della morte per mesotelioma di 12 lavoratori e intanto la tragica lista di operai, ex lavoratori uccisi dall’amianto continua drammaticamente ad allungarsi. Nell’ultimo mese sono deceduti Felice Dotti per un tumore al polmone il 31 dicembre e Giancarlo Perego deceduto i primi di gennaio.
• Felice Dotti aveva 64 anni. Nelle sue mansioni di controllo di qualità svolte nei reparti, è stato pesantemente esposto all’’amianto. Nel 1978 è entrato in Breda Termomeccanica/Ansaldo, nel reparto Nucleare, dove ha lavorato come impiegato d’officina, fino al trasferimento alla Franco Tosi di Legnano, dove è andato in pensione. È stato eletto delegato del Consiglio di fabbrica e della Rsu più volte) e ha partecipato in prima persona a tutte le lotte sindacali dentro la fabbrica, nel Comitato contro il Nucleare, e nel gruppo operaio di Cronache dal basso, fino alla costituzione dello SLAI Cobas Ansaldo. Per questo ha pagato con la cassa integrazione e altre discriminazioni inflitte dall’Ansaldo, senza comunque mai rinunciare alle proprie convinzioni, alla solidarietà con i propri compagni di lavoro e a tutte le azioni in difesa della salute dei lavoratori. Nel giorno del suo funerale i suoi ex compagni di lavoro e di lotta l’hanno ricordato così:
C’è una parola per chiamare Felice,una parola che amava, a cui rispondeva sorridendo: compagno. Significa “Colui che ha il pane in comune”, con altri. Ha lavorato per vivere, lontano da casa, ma il lavoro non è stato lo scopo della sua vita. Perché ha lottato contro lo sfruttamento degli uomini e delle donne al lavoro, per difendere la propria salute, per aermare che nessun capitale vale quanto la vita e la dignità di una persona che lavora.Voleva che gli uomini e le donne che lavorano prendessero la vita nelle proprie mani, che fossero compagni, solidali tra loro e padroni della propria esistenza. All’Ansaldo ha partecipato alla costituzione del Comitato contro il Nucleare, in una fabbrica che costruiva centrali nucleari; alle lotte per la difesa della salute, e contro l’inquinamento, dentro e fuori la fabbrica; alla costituzione di un gruppo operaio, e di un sindacato di base, lo SLAI-Cobas. E, quando le cose finivano, anche con una sconfitta, ricominciava da quello che sapeva fare meglio: con pazienza, ostinazione e un po’ di ironia. Perché amava ridere in compagnia. La sua vita è stato il pane diviso con i suoi simili, anche noi.Ne siamo orgogliosi e ti siamo riconoscenti. Ciao, compagno Felice.
• Giancarlo Perego è morto dopo una lunga malattia, un tumore, contro cui ha lottato con tenacia. Cosi è stato ricordato dai suoi compagni:
Entrato giovanissimo, nei primi anni ‘60, alla Breda Termomeccanica, ha lavorato come operaio e impiegato, nei reparti di viale Sarca, 336, fino alla pensione; esposto all’amianto, come riconosciuto dall’Inail. Fin da subito, ha partecipato alle lotte sindacali della Breda, con la generosità e la fermezza che lo distinguevano, e che abbiamo imparato a riconoscere, poi è stato delegato nel Consiglio di Fabbrica. Ha partecipato al Comitato contro il Nucleare, alle lotte in difesa della salute, alla costituzione del Cobas Ansaldo, e per questo è stato a lungo discriminato dalla Azienda, senza mai tirarsi indietro. Anche dopo essere andato in pensione, ha continuato ad essere presente alle lotte di ciò che restava della fabbrica, fino alla chiusura della Mangiarotti/Ansaldo, così come a quelle del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio di Sesto San Giovanni. Un abbraccio affettuoso. Ciao Giancarlo.
• L’amianto sempre più diffuso. In Italia il picco delle patologie asbesto-correlate, in particolare dei mesoteliomi, si verificherà nel decennio che è appena iniziato. Questo perché tali patologie possono manifestarsi anche a distanza di 40-50 anni dalla prima esposizione alle polveri e alle fibre di amianto. L’amianto in Italia è stato bandito e vietato con la legge 257 del 1992. Il periodo di più intenso utilizzo e più elevata esposizione è stato quello dal 1960 al 1985, quando i manager, imprenditori capitalisti, hanno colpevolmente e deliberatamente fatto prevalere le ragioni del maledetto profitto su quelle della salute e della sicurezza degli operai, costretti a lavorare in ambienti pieni di amianto e altre sostanze cancerogene, senza le dovute informazioni sui rischi e senza dispositivi di protezione. È noto che le polveri uscendo dai luoghi di produzione e disperdendosi nell’aria, nell’acqua e nel suolo, hanno avvelenato anche le famiglie degli operai e i residenti nei quartieri popolari vicini alle fabbriche. Ci sono ancora 40 milioni di tonnellate di amianto in circolazione e in molti casi le bonifiche di scuole e di edifici sono tuttora da fare, mentre la decontaminazione dei territori giace sulla carta, per precise volontà politiche. La tragedia dell’amianto è un’emergenza, ambientale, sociale, sanitaria e senza le necessarie bonifiche anche i cittadini che non hanno mai lavorato in fabbrica continueranno ad ammalarsi e a morire.
• Sul lavoro si muore come in guerra. Ogni giorno si muore sul lavoro e per malattie professionali. Il 13 gennaio, intorno alle 18.30, si è verificato l’ennesimo assassinio sul lavoro di un operaio al manufatto Tirana del cantiere della Metro 4 di Milano. La vittima è un operaio di 42 anni, Raffaele Ielpo, schiacciato da alcuni detriti a 18 metri di profondità durante i lavori per la realizzazione della nuova tratta della metropolitana. A parte le parole di circostanza delle autorità, gli infortuni sul lavoro sono considerati dalla società effetti collaterali dello sfruttamento capitalista finalizzata al profitto e quindi sono considerati ineliminabili. Ora si è aperta l’ennesima inchiesta giudiziaria e già si parla di tragica fatalità. In realtà la causa principale degli infortuni e dei morti sul lavoro dipende dal fatto che molti manager e padroni risparmiano per i loro profitti anche i pochi euro che sarebbero necessari per la sicurezza dei lavoratori. L’aumento dello sfruttamento, il peggioramento delle condizioni di lavoro, il ricatto padronale, la mancanza di adeguate dotazioni di dispositivi di protezione individuali e collettive sono la causa principale degli infortuni, delle malattie professionali. In realtà la morte sul lavoro e di malattia professionale non è mai una fatalità. Contro la monetizzazione della vita umana, vogliamo ricordare la parola d’ordine che negli anni 70’ gli operai della Breda Termomeccanica, della Falck e della Pirelli sostenevano in fabbrica e nel territorio con le lotte: La salute non si paga, la nocivita’ si elimina.