Didattica a distanza: i pro e i contro

“La scuola ha affrontato questa emergenza con grande capacità di reazione. Il Paese deve esserne fiero – sottolinea il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina – e io ringrazio di nuovo tutto il personale, le famiglie, gli studenti. C’è stato uno sforzo importante da parte di tutti. La didattica a distanza ci ha aiutato a salvare l’anno scolastico. Non sostituisce e non potrà mai sostituire del tutto, ovviamente, la didattica in presenza. Ma era l’unica risposta possibile per non lasciare soli bambini e ragazzi e garantire loro il diritto allo studio previsto dalla Costituzione”.
• Meglio il contatto diretto coi ragazzi Dopo quasi tre mesi di didattica a distanza, adottata ormai sino alla fine di questo anno scolastico, da un’analisi dei pro e dei contro di questo metodo, dopo aver raccolto qualche impressione da insegnanti e studenti, so può affermare che è costata e sta costando tanti sacrifici sia agli uni che agli altri. Di punto in bianco è stato adottato un modo del tutto nuovo di fare lezione, ma l’unico possibile per non lasciare i bambini e i ragazzi al loro destino. Sicuramente le difficoltà iniziali sono state quelle relative all’uso dell’informatica, che ha costretto gli insegnanti ad improvvisare, a confrontarsi per trovare le strategie didattiche migliori per continuare nel programma e soprattutto per proseguire nel modo migliore, rispettando il ruolo educativo e formativo che la scuola ha. Molti insegnanti sono concordi sul dire che la didattica a distanza non potrà mai sostituire, neanche con le migliori piattaforme e le migliori tecnologie, la bellezza del contatto visivo con i propri alunni, percepire le loro ansie o le loro gioie, i loro interrogativi e le loro certezze.
• Necessaria la medazione degli insegnanti Gli insegnanti e gli studenti e tutte le loro famiglie hanno dovuto adattarsi inizialmente anche alle difficoltà scaturite dalla ricerca dei migliori risultati in campo informatico, sacrificando tempo e se stessi. Si sente dire: gli insegnanti non sono certo degli eroi, fanno il loro dovere, fanno quello che la loro professionalità, la loro esperienza e la loro coscienza di educatori suggerisce loro, nulla di più. Ma riflettendoci bene se dovessero mettere in conto il tempo che impiegano, non già durante le ore di connessione con gli alunni, ma quelle usate per preparare le interrogazioni e le prove scritte, gli argomenti da affrontare e come affrontarli, con i disturbi inevitabili della rete e i volti lontani dei ragazzi che attendono sicurezze e comprensione dietro uno schermo, allora forse qualche merito in più lo si dovrebbe dare loro; più di qualcuno e più di un semplice elogio.
Grazie a tutti quegli insegnanti quindi che hanno sacrificato il loro tempo per organizzare le lezioni on line, cercando di far assomigliare il collegamento virtuale a lezioni vere e proprie. Non tutti si sono impegnati per farlo e non tutti ci sono riusciti, ma per fortuna l’ha fatto la maggioranza. Esiste infatti anche una minoranza di insegnanti della scuola primaria, che si è limitata ad inviare via mail ai genitori i compiti da far svolgere, come si fa per le vacanze. La principale difficoltà che è venuta subito fuori è che la didattica a distanza non è una metodologia molto democratica; sebbene oggi ci definiamo generazione C, generazione connessa, in realtà i ragazzi sono poco tecnologici. Il fatto che sappiano chattare, usare i social o i videogiochi non vuol dire che sappiano veramente usare il computer; inoltre, non tutte le famiglie dispongono di un pc o della rete wifi. Su una classe di 16/20 ragazzi solo 10 hanno il computer, il resto segue attraverso il telefonino. E purtroppo non tutte le applicazioni fornite dal Ministero sono raggiungibili tramite smartphone o tablet.
Un’altra questione che merita attenzione è il fatto che ogni scuola agisca in modo diverso e non solo da istituto a istituto. Spesso anche da classe a classe si adottano piattaforme diverse; questo rende più difficoltoso il lavoro soprattutto per chi lavora su più classi e in scuole diverse. Sarebbe stato opportuno che il Ministero, senza imposizioni ovviamente, avesse indicato delle linee guida, dei suggerimenti, delle indicazioni su piattaforme e applicazioni uguali per tutti.
• Non tutti hanno il computer Proprio il 16 maggio, un’indagine svolta dalla Comunità di Sant’Egidio di Roma, rivela che il 61% dei bambini romani non ha fatto lezioni online. È il risultato di un’indagine sulla didattica a distanza, nei mesi di marzo e aprile, su un campione di 800 bambini dai 6 ai 10 anni, residenti in 27 quartieri di Roma e iscritti in 44 scuole primarie. In base a cosa si deve valutare un ragazzino che non ha il pc, non ha una famiglia che lo sostiene e che quindi non può partecipare alla lezione a distanza? Non si può valutare negativamente solo perché ha una realtà sociale che non lo aiuta! In fondo questo modo di fare lezione nella teoria è una bellissima novità, ma non per tutti, quindi cominciando a far tesoro di questa esperienza in corso, prossimamente, bisognerebbe dedicarsi un po’ di più ad un’alfabetizzazione di tipo tecnologica e non solo nei confronti dei ragazzi ma anche delle famiglie. Se proprio vogliamo trovare un aspetto positivo, possiamo trovarlo nel metodo di valutazione, poiché ora tende a puntare più su quella formativa che sommativa, cioè si valuta molto di più l’assiduità, la partecipazione, la costanza, l’impegno, gli interventi nel corso dei collegamenti, anche se le interrogazioni e le verifiche scritte si svolgono regolarmente, con i voti e con i giudizi. C’è da dire anche un’altra cosa che riguarda il contatto bruscamente interrotto a febbraio e che adesso sembra sia stato un po’ rimodulato, perché i compagni di classe si rivedono dalla propria stanza, dalla cucina, sicuramente in una veste diversa da come si era abituati, ma almeno è un elemento di conforto, di fronte ad una condizione di totale disorientamento che le problematiche, in cui ci si è ritrovati inizialmentei, avevano creato. Nella gestione delle lezioni, inoltre, molti insegnanti si preoccupano di non tenere troppo tempo connessi i loro alunni; anche questo è importante per non farli stare stare troppo davanti al computer o al telefonino.
• C’è un maggior coinvolgimento Le lezioni virtuali, quindi, non corrispondono alle stesse ore di lezione in classe ma sono molto snellite. Capita anche, per esempio, per gli studenti più grandi delle scuole superiori, di improntare la lezione sulla riflessione del tempo che si sta vivendo. Farli riflettere, stimolarli e sollecitarli in questo senso è utile per affrontare quegli interrogativi che oggi si ritrovano costretti a porsi sulla propria esistenza, sui loro rapporti con gli altri e soprattutto sulla relazione con il loro futuro. Per esempio, per parlare e riflettere su questo tempo sarebbe interessante rileggere le pagine del Boccaccio scritte al tempo della peste del 1348 perché lo si farebbe vivendo non più come spettatori disinteressati ma fortemente coinvolti; oppure leggere di Newton che visse due anni in quarantena per l’epidemia di peste che travolse Londra e apprendere che fu proprio in quei due anni che scoprì il calcolo infinitesimale e la teoria di gravitazione universale.
Per quanto riguarda gli alunni più piccoli della scuola primaria invece, un po’ meno consapevoli rispetto a quelli della scuola secondaria di I e II grado, molti maestri sostengono che nonostante i non pochi problemi, le impressioni siano senza dubbio molto positive poiché la risposta da parte dei bambini è meravigliosa, perché loro sono sempre contenti di leggere quello che ha mandato la maestra e di fare i compitini, anche se necessitano del continuo supporto dei genitori. I problemi non sono pochi, come si diceva, vedasi l’intasamento della rete e il fatto che non tutti hanno una stampante. Naturalmente questa fascia di età è quella che risente maggiormente del mancato contatto con la maestra. Si lavora con le videolezioni e le videochiamate in cui si può interagire per chiarire ogni perplessità ed intervenire su eventuali difficoltà emergenti e mantenendo attivo, ovviamente, anche il contatto con i genitori. In conclusione, augurandoci che questa condizione di criticità si concluda quanto prima, possiamo stare sereni almeno in questo: c’è chi continua a lavorare per il bene dei nostri figli con passione e impegno, pienamente consapevoli che il tempo che stiamo vivendo lascerà in ognuno, grandi e piccini, un segno profondo nelle nostre vite e ci insegnerà molto più di quanto chiunque altro avrebbe potuto fare.