Giustizia: con i soldi del Pnrr verranno assunte 18mila persone per smaltire arretrati e sgravare i giudici. E il Parlamento vada avanti con le riforme

riflessione sui referendum sulla giustizia è legata ad un ragionamento che deve tener conto delle cose che sono state fatte in Parlamento in questi mesi. Certamente la Giustizia in Italia funziona male. Questo è un dato di fatto: si aspetta troppo tempo per avere una sentenza, sia nel processo civile sia in quello penale e ci sono troppi arretrati. A ciò si aggiunge un problema di credibilità della Giustizia, appunto dovuto alla difficoltà di dare risposte ai cittadini nei tempi giusti, ma anche ai problemi di governo della magistratura, emersi con le vicende del CSM e di Palamara. La percezione è che l’organo di autogoverno della magistratura vada riformato perché oggi è molto condizionato dalle correnti e questo fa sì che, nelle scelte fatte, prevalgano troppo spesso ragionamenti molto diversi dal merito. Di fronte a questa situazione si può scegliere di proseguire la guerra eterna tra magistratura e politica per cui, di fronte alla Giustizia che non funziona e alla scarsa credibilità, anziché provare ad affrontare i problemi si preferisce alimentare questo gioco, con uno scontro tra presunti garantisti e presunti giustizialisti. Il referendum rischia di andare in questa direzione: lanciare proclami anziché cambiare le cose. La politica non può limitarsi a prendere atto che la giustizia non funziona e scaricarne la responsabilità sulla magistratura ma deve mettere in campo proposte per arrivare a delle soluzioni. Noi ci siamo trovati in questa Legislatura, con questa strana maggioranza, di fronte ad un fatto importante: il PNRR, per consentire di avere le risorse previste, ci ha messo davanti alla necessità di dover superare alcuni problemi patologici del Paese, tra questi i problemi della Giustizia, i tempi troppo lunghi per i processi civili e penali. Si sono rese necessarie, quindi, riforme che non si era riusciti a fare per molti anni e che ora sono state fatte. È stata fatta la riforma del processo civile, volta ad accorciare i tempi dei processi e a portare fuori dal percorso processuale tutto ciò che non è necessario che stia dentro, quindi, spingendo con incentivi la mediazione e altre forme di risoluzione delle controversie. È una riforma che porterà a ridurre del 40% i tempi dei processi, come chiede l’Europa. Allo stesso modo, con la riforma del processo penale è stato fatto uno sforzo per ridurre i tempi, stabilire prima la durata delle diverse fasi processuali (esclusi i processi di mafia e terrorismo). In più abbiamo ottenuto dei cambiamenti anche rispetto alle questioni che riguardano il carcere. Un quesito referendario riguarda le misure cautelari, non solo la carcerazione preventiva, per chi è indagato in attesa di processo. In Italia c’è sicuramente un eccesso dell’utilizzo della carcerazione preventiva. Nella riforma del processo penale, però, abbiamo iniziato a fare una parte importante del ragionamento riguardante il carcere e alla base delle norme introdotte vi è il principio che il carcere deve essere considerato come l’estrema ratio e non l’unica soluzione a qualunque problema. Nella riforma del processo penale approvata, quindi, c’è una forte spinta all’utilizzo di pene alternative, patteggiamento, messa alla prova come soluzioni per portare fuori dall’ambito processuale le vicende meno gravi. Abbiamo anche approvato la riforma della presunzione di innocenza che già sta producendo l’effetto di non avere più conferenze stampa di Pubblici Ministeri a inizio indagini, le quali devono essere sempre autorizzate dalle Procure e supportate da motivazioni serie. Questo evita la spettacolarizzazione del procedimento giudiziario. Quindi il parlamento sta facendo finalmente ciò che è necessario fare, cioè le riforme. Questa è la strada da seguire per dare risposte ai cittadini e mettere la Giustizia nelle condizioni di funzionare. I magistrati vengono aiutati dalla riforma perché, con i soldi del PNRR, verranno assunte 18mila persone che lavoreranno negli uffici del processo per smaltire gli arretrati e sgravare i giudici da altre attività e consentire loro di concentrarsi sulle sentenze. Abbiamo stanziato molte risorse del PNRR per la digitalizzazione. La pandemia ha mostrato che l’utilizzo della rete consente di accelerare gli atti e le procedure e può far funzionare meglio l’organizzazione. In questo quadro si collocano i quesiti referendari. Il referendum sulle misure cautelari (carcerazione preventiva o utilizzo del braccialetto elettronico o arresti domiciliari o divieto di avvicinamento alle vittime) toglie la possibilità di utilizzarle per il rischio di reiterazione del reato. Questo quesito mette a repentaglio una norma che serve a tutelare le vittime e la sicurezza pubblica. Si tratta di reati come stalking, truffe agli anziani, spaccio, anche quando gli accusati vengono colti in flagranza di reato. Un altro quesito riguarda l’abrogazione della legge Severino che prevede che chi commette reati contro il patrimonio, reati gravi o reati di mafia decade se ricopre incarichi istituzionali e non può ricandidarsi. La Legge Severino ha un limite: solo per gli amministratori locali è prevista la sospensione dagli incarichi già dopo la condanna in primo grado. Questo è sbagliato e abbiamo depositato in Senato da un anno una proposta di legge per cambiare questo meccanismo. Il quesito referendario, però, abolisce tutta la Legge Severino. Cioè diventerebbe candidabile a ricoprire incarichi pubblici e istituzionali anche chi si è macchiato di reati gravi. Gli altri tre quesiti sono tecnici e richiamano parzialmente i temi della separazione delle funzioni, della riforma elettorale e del funzionamento del Csm. Sono temi che sta già affrontando il Parlamento con la riforma dell’ordinamento giudiziario, già approvata alla Camera dei Deputati da una larghissima maggioranza. Ecco. Non è questa la sede in cui fare dichiarazioni di voto ma credo che, comunque, la priorità debba essere quella di andare avanti sulle riforme della Giustizia, convinti che ai cittadini servano risposte concrete e non la guerra tra magistratura e politica che sta paralizzando da troppo tempo la Giustizia in Italia.